A.C. 107-A
Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, il senso di questa proposta di legge si può esprimere con parole chiare e anche comprensibili a tutti. Il concetto è questo: ognuno deve essere libero, libera di amare chi desidera, senza per questo cadere vittima di odio, di discriminazione e di violenza. Siamo d'accordo oppure no, colleghi e colleghe, con il principio che nessuno deve essere fatto oggetto di violenza e discriminazione per le proprie libere scelte nella sfera affettiva e sessuale? Siamo d'accordo o no? Ce lo dobbiamo dire! Se c'è una contrarietà diciamolo chiaramente, se c'è una riserva che venga detta con chiarezza, non ci scandalizzeremo.
Ma vedete, non ci si rifugi in giudizi fuorvianti e non veritieri. Non si dica ad esempio che la legge colpisce la libertà di espressione e la diffusione delle idee, perché non è vero, basta leggere il testo: atteniamoci ai testi. Chiunque sarà libero di esprimere la propria contrarietà alle famiglie omogenitoriali o alle unioni civili; non sarà invece libero di usare violenza contro una coppia omogenitoriale, omosessuale o lesbica, solo perché contrario a essa, a questa formazione, né libero di istigare altre persone a compiere materialmente quella stessa violenza.
Guardate, i bavagli, cose che ho sentito purtroppo dire -, le museruole, non c'entrano nulla con questa legge, sono fuori dal perimetro di questa legge.
E non si dica neanche che non è un momento adatto per impegnare il Parlamento su questo tema e che gli italiani hanno altro a cui pensare: lo sappiamo benissimo quali sono le priorità del Paese! Lo sappiamo benissimo che oggi la grande priorità del nostro Paese è sconfiggere definitivamente il COVID-19, senza magari negarne l'esistenza, come alcuni vanno facendo, e dare anche risposte concrete alle persone colpite dagli effetti sociali e dagli effetti economici di questa crisi sanitaria. Infatti, negli ultimi mesi, Governo, Parlamento e istituzioni europee si sono impegnati innanzitutto su questo fronte, ma, lo dico anche ai colleghi e alle colleghe che mi hanno preceduto, con la logica del benaltrismo va a finire che il tempo per i diritti civili non arriva mai, c'è sempre qualcosa di più importante. Lo avete detto voi, colleghi e colleghe, tant'è che una legge sull'omotransfobia è attesa da molti anni nel nostro Paese, appunto. La prima proposta risale addirittura al 1996, e fu Nichi Vendola a presentarla. Nel 2006 - è stato già ricordato in quest'Aula da chi mi ha preceduto - ci fu una risoluzione del Parlamento europeo a chiedere a tutti gli Stati membri di legiferare su questa materia. Nel 2006! Nella scorsa legislatura ci provammo, fu molto frustrante, lo devo ammettere - mi ricordo, sedevo lì, su quello scranno -, fu molto frustrante perché alla Camera ci riuscimmo, ma al Senato la legge si fermò. Nell'Unione europea, colleghi e colleghe, siamo in pochissimi a non esserci adeguati a quanto ci era stato richiesto dall'Unione europea: la Francia sia già dotata di una legge in materia, così come la Spagna; il Regno Unito, anche se non è più nell'Unione europea, ha la legge, e la Germania ce l'ha a livello territoriale. Invece noi no, noi siamo rimasti indietro, lasciando un evidente vuoto legislativo nel nostro ordinamento. C'è stato anche chiesto, e anche oggi abbiamo sentito in Aula: ma serve davvero questa legge? Non ci sono già nel nostro ordinamento penale norme che puniscono comportamenti violenti e discriminatori? La risposta sta non nelle mie parole, ma nei fatti, in ciò che accade spesso, troppo spesso, nelle strade delle nostre città, nei locali pubblici delle nostre città, sulla rete, nel web: giovani omosessuali, lesbiche o transessuali che vengono picchiati in modo brutale. Perché? Solo perché esistono, per il solo fatto di esistere. Ma vi rendete conto che vuol dire avere una famiglia e avere un figlio, una figlia, che escono di casa la sera e avere la paura di sapere che magari ti ritornano a casa massacrati di botte perché sono quello che sono, senza alcun tipo di responsabilità? Ma vi siete mai messi nei panni di quelle famiglie e di quelle persone? E lo trovate normale, tollerabile? Chiudiamo un occhio, anzi due? Allora serve davvero o no una legge? Io penso che, se due persone si vogliono bene, si abbracciano e si baciano per strada, io non posso essere che contenta che ci sia amore. E queste cose, che accadono - perché non potete dire che non accadono -, debbono essere gestite, e il legislatore non può più stare a guardare. E perché questo accade? Ce lo siamo detti tante volte: accade per il solo fatto che sono gay, lesbiche o transessuali, o cos'altro possono essere e vogliono essere. Allora, un altro punto che voglio portare all'attenzione di quest'Aula: il web. Quanto odio abbiamo sul web? Quanto incitamento alla violenza? E nei confronti di chi si esprime tutto questo? In primis nei confronti delle donne. Le donne sono le persone più esposte a questo odio.
In questa proposta c'è una novità rispetto alle precedenti proposte di legge degli anni passati e anche nella scorsa legislatura: questa proposta punta anche a combattere la misoginia. L'introduzione in questa proposta dei crimini d'odio per motivi di sesso e genere, dunque di misoginia, è stata salutata come un'innovazione necessaria da esperti e esperte di diritto penale che sono stati auditi in Commissione giustizia, perché sappiamo bene che le donne sono tra le più colpite. Signor Presidente, questo lo dico anche sulla base di un'esperienza diretta: nella scorsa legislatura io istituii una Commissione contro i crimini di odio, il razzismo, la xenofobia, e a far parte di questa Commissione c'erano deputati e deputate, uno per gruppo, ma poi c'erano anche esperti, come il compianto Tullio De Mauro, la professoressa Saraceno, Ilvo Diamanti, e alla fine la Commissione presentò una relazione, e nella relazione quello che si evidenziò è che all'apice della cosiddetta piramide dell'odio c'erano le donne, nel nostro Paese, poi la comunità LGBT. Altri esempi poi sono stati portati dalla collega Annibali, con altre ricerche, e questo è consolidato. La maggior parte delle associazioni femministe hanno apprezzato e condiviso questo testo, altre hanno mosso delle obiezioni, e con loro però noi abbiamo discusso, ci siamo confrontati, abbiamo interloquito. Temevano, queste associazioni, che la definizione di identità di genere possa annullare le differenze ed essere lesiva dei diritti delle donne, perché, a loro dire, laddove esistono spazi, quote o incarichi destinati alle donne questi potranno essere occupati da persone che, pur essendo nati maschi, si percepiscono come appartenenti al genere femminile. Ma sono ragioni che non hanno nulla a che vedere con la legge in questione, che è stata concepita non per dare nuovi diritti sociali ma per fornire protezione, protezione dall'odio, dalla violenza e dalle discriminazioni. Contemplare sesso e genere, come abbiamo fatto, accanto all'orientamento sessuale e all'identità di genere significa allargare il campo d'azione della legge, che diventa così anche norma contro la misoginia. È importante poi, Presidente, sottolineare che quella dell'identità di genere è un concetto che ha un peso specifico, un peso giuridico specifico oramai ben definito, perché vale la pena ricordare che è stato avallato dalla Corte costituzionale, con la sentenza - lo ha detto il relatore Zan, ma vale la pena ripeterlo in quest'Aula - n. 221 del 2015; è stato introdotto dall'articolo 1 dell'ordinamento penitenziario; è evidenziato dalle pronunce della Corte di cassazione; è presentato nelle direttive e nelle risoluzioni dell'Unione europea ed è incluso nell'articolo 4 della Convenzione di Istanbul, che è stata ratificata da quest'Aula nel 2013. L'odio verso le donne, Presidente, è frutto dello stesso clima culturale che alimenta l'odio e la violenza verso le persone LGBT+. È lo stesso clima! Un clima che affonda le proprie radici nella matrice patriarcale della nostra cultura e della nostra società, e che colpisce chiunque si allontani da quel modello, chiunque lo rimetta in discussione. Allora parlare di misoginia in una legge che si occupa di omolesbobitransfobia non significa ridurre le donne a una minoranza fra le altre, no, ma riconoscere che un'importante componente dei crimini d'odio è rivolta contro le donne, cioè prendere atto della realtà. Questa non è una legge che tutela le minoranze, questa è una legge che vuole introdurre nell'ordinamento pari dignità, protezione e sicurezza. Sì, colleghi e colleghe, sicurezza! Sicurezza, perché la sicurezza non è quella che qualcuno invoca a ridosso delle campagne elettorali dopo aver egli stesso seminato paura, sicurezza è anche non temere di essere picchiate o discriminate perché si è donne o perché si sceglie liberamente chi amare e da chi essere amati.
C'è sicurezza quando la società respira. C'è sicurezza quando la società è aperta ed inclusiva. C'è sicurezza quando ognuno può essere se stesso senza doversi nascondere, senza avere paura, senza dover rinunciare a se stesso per colpa dei violenti e vivere serenamente la propria identità. Serenamente si è ciò che si è. E si deve essere rispettati per quello che si è. Per questo sono particolarmente contenta - sì, sono veramente felice – oggi, di essere in quest'Aula, in questo dibattito. Finalmente!
Mi lasci esprimere, signor Presidente, un sincero apprezzamento per l'equilibrio, per l'apertura e la capacità di tenuta, che il relatore Alessandro Zan ha dimostrato nello svolgimento del suo non facile incarico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Mi fa veramente molto piacere restituire questo omaggio al deputato Zan.
Ora abbiamo un'occasione importante. Colleghe e colleghi, è l'occasione, innanzitutto, di assicurare protezione e pari dignità a tante persone, che se lo aspettano da tanti anni, ma anche quella di dare un altro seguito al principio di eguaglianza, previsto dall'articolo 3 della nostra Costituzione. Inoltre, è l'occasione anche di collocare l'Italia tra i grandi e avanzati Paesi dell'Unione europea, in materia di diritti, di libertà e di progresso civile. Questa occasione, questa volta, non dobbiamo assolutamente perderla.